Molte persone hanno dei desideri.
Alcune di queste persone si danno da fare per soddisfarli. Molte altre preferiscono lamentarsi e affogare nella propria frustrazione.
Sento spesso dire: “Eh, sai, ora i bambini sono piccoli, non possiamo, aspettiamo che crescano.”
Una sciocchezza come tante.
Poi la pensione arriva in un attimo (o quasi): la vita è volata, i desideri si sono mummificati.
Ho sempre sentito i miei genitori sognare di luoghi lontani, di viaggi, di Paesi da vedere. Li ho visti guardare per una vita intera programmi in TV sulla natura, sugli animali, su itinerari esotici e città piene di storia.
Il culo quasi sempre sul divano, però. Sai, il lavoro, la famiglia, i soldi.
Poi è stato il momento della salute. I figli sono cresciuti, la pensione è arrivata, ma la malattia li ha truffati e hanno dovuto pure fare i conti con la paura di spostarsi.
Ho sempre cercato di portarli con me, io che non riesco quasi nemmeno a disfare le valigie tra un viaggio e una gita, ma non c’è stato niente da fare. Mostravo foto, portavo racconti, cercavo di spronarli: fallivo.
Di tanto in tanto partivano per viaggi brevi, ma c’era sempre qualcosa che andava storto.
Dopo 4 anni, finalmente, dieci giorni fa sono salpati per una crociera nel Mediterraneo tra Italia, Grecia e Turchia. Io, a casa, in paranoia totale ma zitta: perché in mezzo al mare non ci sono ospedali. Mi sono tenuta dentro la paura e ho sperato: desideravo moltissimo che mettessero piede fuori dall’Europa e che provassero il fascino del Medio Oriente.
Stamattina, mia madre al telefono non riusciva nemmeno a fermare il fiume di parole e di entusiasmo che le riempivano la bocca. Mentre aspettava l’autobus che dal porto di Civitavecchia l’avrebbe portata a Roma per l’ultimo giorno di vacanza, mi ha travolto di immagini turche: i tappeti e il tè del Gran Bazar, le magie di Santa Sofia, l’odore di piedi nella Moschea Blu, il richiamo alla preghiera dai minareti, l’assalto ai turisti al porto, i gabbiani sul ponte di Galata.
Sapevo che Istanbul le sarebbe piaciuta da morire, lo sapevo e ho avuto ragione.
Aveva la voce innamorata e felice, e a me scoppiava il cuore di gioia.
Perché non bisognerebbe mai aspettare per avverare i desideri, perché un giorno di più potrebbe essere un giorno di troppo.
I miei genitori se lo meritano, e lo dico con la rabbia di chi conosce le ingiustizie del mondo e della vita: sono persone oneste, che hanno lavorato tutta la vita e che hanno sempre onorato il dovere prima di tutto il resto. Sapere che hanno amato i luoghi che io ho amato e che finalmente, in barba a tutti i problemi che sono precipitati loro addosso, sono stati capaci di trovare il coraggio di realizzare un desiderio, mi riempie di una gioia infantile e spropositata.
Perché il desiderio soddisfatto di una brava persona vale di più.
L’ha ribloggato su L'Emigrante.
Molto bella, nelle tue parole riconosco gli stessi pensieri che ho verso i miei genitori e che probabilmente un giorno mia figlia avrà per me…